Quale struttura laggiù attende la fine?
L’Indice dei libri del mese
recensione di Francesco Gallo
Matteo Pericoli
Il grande museo vivente dell’immaginazione
Guida all’esplorazione dell’architettura letteraria
168 pp, 25 €
Il Saggiatore, Milano 2022
30 gennaio 2023
Chissà dove avrebbe collocato un libro come questo, Italo Calvino: tra i Libri Che Mancano Per Affiancarli Ad Altri Sullo Scaffale, oppure le Novità Il Cui Autore O Argomento Ci Attraggono? Ci piace pensare che l’autore di Se una notte d’inverno un viaggiatore avrebbe messo Il grande museo vivente dell’immaginazione tra i Libri Che Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile.
Più che un libro, infatti, è una guida; una Guida all’esplorazione dell’architettura letteraria. Ci stanno le Mappe (Piano terra, Primo e Secondo piano), la Legenda degli spazi (Ingresso, Sala 1 e 2 e Cortile interno). E c’è una guida, ovvio: l’autore stesso – che parla con una voce che non è la sua, bensì la nostra (ma questo lo capiremo leggendo…). Una guida che, invece di scortarci lungo una serie di passaggi obbligati, come prima cosa desidera farci sentire liberi; liberi di andare dove ci pare, osservare quel che ci pare, e, soprattutto, immaginare quel che ci pare. Fa presto a ribadire, infatti, che “museo” deriva da “mūseóon”, ovvero il luogo sacro alle figlie di Zeus dove si poteva contemplare e immaginare in piena autonomia.
Ma cos’è l’architettura letteraria? È una scoperta continua. Non solo: un tentativo di accrescere la nostra consapevolezza quando ci rapportiamo con gli spazi (e con il vuoto). Ancora: una serie di laboratori didattici che, negli ultimi dodici anni, l’architetto, disegnatore e autore Matteo Pericoli ha tenuto in giro per il mondo; da Torino (dove tutto ha avuto inizio) a New York, passando per Dubai.
Suggestionato dalla scoperta di un lessico comune tanto all’architettura quando alla letteratura – quante volte abbiamo sentito dire, a proposito di una storia dotata di nessi logici incerti, che “manca di struttura”, “traballa” o “non sta in piedi”? –, Pericoli ha percorso la storia dell’architettura come tentativo di narrazione; dapprima semplice, poi sempre più complesso.
Cos’è lo slancio che unisce la prima capanna – quando l’idea di base era quella di un “tetto-sopra-la-testa-così-non-mi-bagno” – alla prima “casa-con-finestra” – un “elemento architettonico che mette in relazione ciò che è tangibile (la cornice stessa) con l’intangibile (la vista, l’esterno) e quindi il reale con l’immaginario, il quotidiano con l’assoluto” – se non uno slancio narrativo, l’incipit di una vicenda destinata irrimediabilmente a complicarsi?
Scrive Alice Munro: “Una storia non è come una strada da seguire […], è più come una casa. Entri e ci rimani per un po’, la percorri in lungo e in largo e ti metti dove vuoi e scopri il legame tra le stanze e il corridoio, e come il mondo visto da queste finestre appaia diverso.”
Sfrondando l’architettura dai suoi elementi meno rilevanti – lo stile, il nome di chi ha ideato un certo progetto, il suo valore storico –, Pericoli ci mostra il punto dove si annida l’essenziale; quello che “non si può né toccare (lo spazio) né leggere (l’architettura di una storia)”. Eliminando le pareti, i soffitti, le finestre, eccetera, togliendo l’involucro, insomma, cosa resta se non un vuoto, il vuoto? E accantonando le parole, le frasi, la punteggiatura e i paragrafi della scrittura di una storia, cosa resta se non un’essenza che “può essere solamente intuita e dedotta”, come quando ci confrontiamo con la voce fantasmatica di Kurtz nel Cuore di tenebra di Conrad, oppure proviamo a intuire l’argomento del dialogo tra la ragazza e l’americano in Colline come elefanti bianchi di Hemingway.
Approfondite queste riflessioni da un punto di vista teorico – la Sala 3 contiene una illuminante lezione di scrittura creativa; la Sala 4 ribadisce l’importanza della lettura quale attività generatrice di meraviglia –, Pericoli, con la lucidità e il garbo che lo caratterizzano, ci invita a fare un giro nel Salone dove è possibile visionare ben dodici interpretazioni di architetture letterarie. Poi, un attimo prima del bookshop (immancabile: come in ogni museo), ci fornisce le istruzioni per realizzare la nostra architettura letteraria così da esporla nel nostro, personalissimo museo vivente dell’immaginazione. (E ci ricorda, anche, che in architettura ha poco senso distinguere tra persone “esperte” e “non esperte”, dal momento in cui facciamo tutti esperienza del nostro rapporto con lo spazio.) L’unica regola di questo gioco – ché non esistono giochi senza regole – è di mantenere sempre un approccio letterario, mai letterale. Cosa ce ne facciamo del modellino di un faro, se quello che ci emoziona, in realtà, è la fitta rete di rapporti che regola le dinamiche comportamentali della famiglia Ramsay durante una celebre gita sull’Isola di Skye? Perché non provare, quindi? Tra una riflessione e l’altra, riusciremo magari a liberarci “dall’inevitabile peso dato dai preconcetti e preclusioni a causa di giudizi e interpretazioni altrui”, e scopriremo qualcosa di nuovo sul rapporto misterioso che lega l’architettura e la letteratura. E, perché no, su noi stessi.
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